I tempi cambiano, i costumi si evolvono e aumenta la facilità con cui si parla di temi che un tempo erano considerati privati e tabù, come il ciclo mestruale. Ma come viene vissuto l’arrivo della prima mestruazione dalle ragazze di oggi? E come riescono a gestire il ciclo mestruale fuori casa? Ha provato a rispondere uno studio di mUp Research commissionato da Initial, azienda che produce distributori di assorbenti per uffici e luoghi pubblici, in occasione della Giornata internazionale dell’igiene mestruale che si è tenuta il 28 maggio.
La Giornata ha l’obiettivo di sensibilizzare sul tema e di aumentare la capacità di parlarne apertamente, affinché il vissuto del ciclo mestruale non sia più avvolto da imbarazzi o disagi.
L’arrivo della prima mestruazione: meglio essere preparate
Il primo impatto con il ciclo mestruale -si vede dalla ricerca- determina come questo verrà vissuto negli anni a seguire. Trovarsi impreparata, senza alcuna conoscenza sui cambiamenti del proprio corpo può incidere sulla naturalezza con cui si vive il ciclo e lascia spazio a sensazioni come incertezza, disagio e timore. Tra le donne nate tra gli anni ’80 e la fine dei ’90, una su tre afferma di aver sperimentato il primo ciclo senza alcuna informazione preventiva. Per la maggior parte di loro, le prime informazioni sono arrivate ambito familiare (54%), o nelle chiacchiere con le amiche (30%): contesti intimi, circoscritti alla sfera personale e guidate principalmente dall’esperienza di altre donne.
Anche per la Generazione Z, famiglia e amiche rappresentano un’importante fonte d’informazione, tuttavia i dati della ricerca mostrano il ruolo importante della scuola (15%), dove si parla di ciclo mestruale durante le ore di scienze, e dei media, su cui il 6% delle Gen Z afferma di aver sentito parlare di mestruazioni per la prima volta. La maggiore propensione della società a trattare il tema ha fatto sì che la Generazione Z abbia vissuto il primo ciclo con maggiore tranquillità: il 78% delle giovani si è sentito preparato all’arrivo del primo ciclo mentre, il 31% più libero di parlarne anche durante un periodo delicato come quello dell’adolescenza.
La gestione del ciclo mestruale fuori casa
La gestione del ciclo mestruale fuori casa rappresenta un’esperienza particolarmente delicata e spesso fonte di imbarazzo per le adolescenti. Nonostante la maggiore apertura culturale che caratterizza la Gen Z, i dati dimostrano che, quando si tratta delle prime mestruazioni lontano da casa, le emozioni provate non si discostano molto da quelle vissute dai Millennial. Il 25% delle intervistate ha raccontato di essersi sentita osservata, “di avere addosso gli occhi di tutti”.
A questo si aggiunge un altro 40% che, pur non avendo vissuto l’esperienza negativamente, ha provato comunque un certo disagio. Tra le cause dell’imbarazzo, il 39% ha indicato il timore di doversi alzare per andare in bagno, spesso legato alla paura che l’assorbente non fosse nascosto completamente. O ancora, tra le cause del disagio per il 35% delle Millennial (e per il 29% delle Gen Z) c’è il timore di aver dimenticato gli assorbenti o di non averne a sufficienza.
Superata la fase adolescenziale, il ciclo mestruale entra a far parte a tutti gli effetti di una quotidianità consapevole: oltre il 70% delle intervistate, infatti, dichiara di viverlo con maggior tranquillità e dialogo, sentendosi libere di parlare di “ciclo” e lasciando da parte i giri di parole con cui spesso ci si riferisce alle mestruazioni. Nonostante la consapevolezza acquisita, il timore di non avere con sé una protezione adeguata e di poter incorrere in situazioni imbarazzanti rappresenta ancora oggi, per le donne di entrambe le generazioni, un freno concreto nella vita quotidiana.
A cosa si rinuncia
Secondo la ricerca, il 37% delle donne ha rinunciato almeno una volta a un appuntamento privato o professionale per il timore di non avere una protezione adeguata, dato in aumento tra le più giovani (45%). Seppure per il restante 63% delle intervistate si tratta di episodi occasionali, la gestione del ciclo mestruale fuori casa è ancora percepita come un ostacolo, più o meno ricorrente. Una donna su due ha dichiarato, infatti, di aver rinunciato ad attività sportive o ricreative per mancanza di assorbenti o di spazi idonei per il cambio, una percentuale che arriva al 61% nella Gen Z.
“Il ciclo mestruale non è solo una questione biologica, ma anche culturale, sociale e psicologica. Quando parliamo di mestruazioni, parliamo di identità, corpo, libertà. Eppure, ancora oggi, troppe ragazze vivono questo passaggio con vergogna, imbarazzo o senso di inadeguatezza. La ricerca conferma quello che vediamo ogni giorno nei percorsi clinici: le parole che mancano, i silenzi imbarazzati, la difficoltà a chiedere un assorbente come se fosse qualcosa di cui scusarsi” spiega la dottoressa Elena Carbone, psicologa e psicoterapeuta. “Abbattere questi muri culturali significa investire nella salute mentale delle nuove generazioni. Installare dispenser di assorbenti non è solo una scelta pratica, ma un segnale preciso: Tu vali, il tuo benessere conta, e il tuo corpo non è un problema da nascondere. È un modo per dire che possiamo, e dobbiamo, creare spazi realmente inclusivi, dove le ragazze possano sentirsi sicure, ascoltate e legittimate ad essere se stesse. Ogni bagno pubblico in cui troviamo un assorbente a disposizione è un piccolo atto di rivoluzione culturale.”