La straordinaria evoluzione della skincare

Più di un italiano su due acquista regolarmente prodotti dedicati alla cura della pelle, lo dice il Rapporto Annuale di Cosmetica Italia, che premia i prodotti skincare come la categoria più dinamica del settore cosmetico. Rappresenta, infatti, il 16,4% dei consumi totali di cosmetici in Italia e vale ben 1,6 miliardi di euro, con una crescita che negli ultimi 2 anni ha registrato un +9,5%.

Merito sicuramente del grande lavoro innovativo da parte delle aziende produttrici di cosmetici, sempre più focalizzate a rispondere alle mutate e mutevoli esigenze dei consumatori, ma frutto anche di un cambiamento di paradigma nel concetto di skincare. Si è passati, infatti, da pratiche di bellezza riservate a pochi -basti pensare all’espressione del passato “trucchi e belletti” per definire la cura di sé e il makeup, di certo sminuente- a rituali che non sono più soltanto di bellezza, ma di vera salute e prevenzione.

La skincare è percepita oggi come un gesto d’amore, prima di tutto verso se stessi, poi anche nei confronti di coloro ai quali si tiene, e per questo si è diffusa a tappeto, coinvolgendo pressoché tutti i consumatori, ognuno con le sue esigenze e necessità proprio per la capacità della moderna cosmetologia di far fronte ai diversi bisogni cutanei.

Nuovi rituali di cura per la pelle

Un cambiamento, dunque, che va ben oltre il beauty e che racconta un nuovo modo di abitare la propria pelle e il proprio corpo, dando valore a tutto ciò che ci permette di mantenerli belli, ma soprattutto sani a lungo. Da dove arriva, però, questa evoluzione, questo grande cambio di passo?

Se torniamo indietro anche di soli 10 anni, ecco che la situazione era molto diversa: la skincare era ridotta all’osso o, meglio, all’essenziale. Un detergente e per tutto, viso e corpo (spesso addirittura viso, corpo e igiene intima), una crema idratante universale e, proprio per i più evoluti, un esfoliante. Fine. Nulla si sapeva di microbioma, film idrolipidico, rispetto del pH, a meno che non si fosse del settore, e anche parecchio addento al settore. Si ascoltava l’opinione dell’amica, della vicina, della collega, si prestava attenzione al profumo di un cosmetico, alla confezione, poco o nulla alla sostanza, ovvero a quello che conteneva, perché il valore della skincare come gesto d’amore e di cura ancora non c’era.

La svolta è arrivata quando è sbarcata in Occidente la cultura delle pratiche di trattamento koreane: si è iniziato a parlare e un po’ ovunque di gesti precisi di cura, di stratificazione, di utilizzo di cosmetici diversi per ottenere risultati di grande impatto, sia in termini di bellezza, sia di prevenzione delle più diffuse patologie cutanee. In una parola, consapevolezza.
Si è imparato, piano piano, a conoscere la pelle e rispettarla, riservarle attenzioni e cure speciali e a identificare con precisione ciò di cui ha bisogno. Nasce proprio con la cosmetica koreana la tensione a utilizzare solo ingredienti e attivi di qualità, informandosi con attenzione e studiandone i benefici e gli effetti collaterali sull’epidermide. L’obiettivo non è più nascondere le imperfezioni, ma mostrare una pelle più sana e, solo per questo e solo come conseguenza di questo, più bella.

Oggi il cosmetico cura, previene, regala salute

Questo viaggio arriva fino ai giorni nostri, in cui il cosmetico è portato in palmo di mano -altro che “trucchi e belletti”!- come un prezioso alleato in grado di farci stare meglio, anche esteticamente. Si parla di cosmetici funzionali, di performance, di eccellenza cosmetiche e a ragione, perché all’efficacia straordinaria della cosmesi 5.0 si abbinano altri fattori fondamentali, come la piacevolezza d’uso e la customer experience, elementi non più trascurabili, ma anzi essenziali al pari di formule e tecnologie.

La cosmetica è diventata una cosa seria tanto che si parla sempre più -talvolta anche un po’ impropriamente- di cosmeceutica, qualcosa che non si ferma alla bellezza, ma va oltre, in profondità, per regalarci, giorno dopo giorno, trattamenti di salute per la nostra pelle. La skincare moderna si è fatta grande, insomma, e unisce rigore scientifico e prove di efficacia di lunga durata con performance sensoriali sempre più straordinarie. La dermocosmesi è oggi amica della scienza, della dermatologia in primis, ma anche della medicina estetica e di quella di precisione, per portare i benefici delle pratiche cliniche anche a casa, con rituali di skincare sempre più olistici, in grado di coinvolgerci a 360°.

E domani?

L’evoluzione continua e sfrutta, naturalmente, l’imperversante intelligenza artificiale, in un mix di tecnologie, dati e analisi. Basti pensare a quante app abbiamo oggi a disposizione sui nostri device per identificare e risolvere le imperfezioni e le problematiche cutanee più comuni, con consigli personalizzati che, a nostro parere, dovrebbero restare, però, almeno in profondità, riservati agli specialisti della cute.

Microbioma, Dna, pH: l’obiettivo è la personalizzazione, semplificando possibilmente, cioè snellendo procedure, ingredienti, sinergie, all’insegna del poco, ma buono, cioè di ciò che serve davvero alla salute e bellezza della pelle. Una skincare che, se volete, torna all’essenziale, ma con un patrimonio di conoscenza, cultura, ricerca che 10 anni fa ci sognavamo: ora ciò che le si promette va rispettato. E chi opera in questo settore deve ricordarlo sempre molto bene perché i consumatori di bellezza sono inflessibili su questo punto ormai.

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