L’ambiente intimo femminile è un perfetto equilibrio tra diversi fattori, ma può essere influenzato e modificato da tanti elementi, come le abitudini igieniche e sessuali. Viaggio alla scoperta di questo mondo in bilico e delle problematiche che possono interessarlo
L’ambiente vaginale è un unicum in perfetto equilibrio tra fluido, microflora e mucosa vaginale ed è influenzato da diversi fattori, quali l’età, le abitudini sessuali, l’uso di farmaci particolari (per esempio, antibiotici o contraccettivi), gravidanza, abitudini igieniche, uso di indumenti sintetici, dismetabolismi, immunodepressione. Il secreto vaginale è normalmente inodore, trasparente o biancastro, vischioso, omogeneo, qualche volta flocculare, privo di neutrofili. La flora vaginale è dominata dal lattobacillus acidophilus (>107 ml di secreto) e ha una composizione bilanciata tra organismi anaerobi e facoltativi, un ambiente acido, pH<4,5.
Le possibili problematiche intime
Lo stato ormonale, il pH, il microbioma e la risposta immunitaria giocano un ruolo importante inducendo un equilibrio che, se destabilizzato, vira verso una suscettibilità all’attecchimento di patogeni o a una redistribuzione quantitativa della flora stanziale, innescando in entrambi casi situazioni problematiche, come vaginiti o vaginosi. Una delle condizioni caratterizzate da prurito, bruciore, edema della vulva, perdite biancastre, grumose e maleodoranti, con irritazione ed eritema dei genitali esterni, è un’infezione da lieviti, la Candida Albicans, frequente nell’80% dei casi. Si sviluppa, spesse volte, in donne che assumono antibiotici, soffrono di diabete, che sono in cura con terapia di corticosteroidi, chemioterapici (soggetti immunodepressi) oppure in gravidanza o in soggetti affetti da depressione, ansia e stress, fattori in grado di indurre livelli più alti di cortisolo, o, infine, in presenza di obesità.
I sintomi possono aggravarsi prima della mestruazione, durante la minzione e i rapporti sessuali. Alla visita obiettiva, in casi dubbi, si può anche associare un tampone vaginale e la cura si avvale di farmaci antimicotici a base di azolici (clotrimazolo, fluconazolo), a cui associare lavande, ovuli vaginali, fermenti lattici. È importante che la cura veda coinvolto anche il o la patner della persona interessata per evitare il rimbalzo dell’infezione. Meglio evitare, poi, in questi casi, rapporti non protetti con persone affette da candida, così come la condivisione di asciugamani. È anche utile utilizzare detergenti acidi per l’igiene intima e avere l’accortezza di indossare biancheria intima non troppo aderente e in fibre naturali di cotone. La dieta, infine, dovrebbe avere un apporto ridotto di zuccheri e carboidrati.
La vulvodinia o sindrome da dolore cronico vulvare è una condizione che, per l’assenza di lesioni cliniche obiettivabili e la forte sintomatologia vulvare, ha portato per molto tempo a etichettarla come una problematica di tipo psicosomatico o esclusivamente psicologico. Sono stati utilizzati molti termini in letteratura per definire il dolore vulvare non sostenuto da chiara patologia organica: iperestesia della vulva (1880, Thomas), vulvite eritematosa a placche (1976, Pelisse-Hewitt), vulva urente o burning vulva (1976, Weisfogel), per esempio. E, ancora, infezione ghiandole vestibolari minori (1983, Woodruff), adenite vestibolare (1983, Friedrich), vulvite focale (1986, Packham), sindrome vulvo-vestibolica (1987, Friederich) o vulvodinia idiopatica (1988, Reid).
La vulvodinia è presente in Italia nel 15% dei casi di disturbi intimi. Attualmente il disturbo è distinto in vulvare cronico -insorto almeno da tre mesi, senza alcuna causa specifica- o vulvare, provocato e indotto da un tocco diretto sulla zona vulvare. In entrambi i casi è caratterizzato da sensazione di bruciore, dolore urente o pulsante, puntoreo, irritazione, dispareunia, prurito, in assenza di patologie dermatologiche cliniche o alterazioni fisiologiche. L’approccio clinico è reso difficile dall’assenza di un inquadramento nosologico preciso del dolore vulvare, che, insieme all’irritazione connessa alla malattia, può essere talmente fastidioso da non permettere di rimanere sedute a lungo, di avere rapporti sessuali o riuscire a riposare correttamente di notte.
L’impatto sulla qualità della vita
La qualità della vita viene compromessa a vari gradi in relazione alle caratteristiche della malattia, oltre che alla sua gravità. Nella forma localizzata al vestibolo vaginale, che spesso interessa e le donne più giovani, è la sfera sessuale a subire le maggiori conseguenze: il dolore di tipo urente viene provocato dal contatto d’ingresso della vagina, il che si traduce in una dispareunia di vario grado, fino a un cambiamento generale delle abitudini vestiarie. I sintomi possono persistere costanti oppure intermittenti per mesi o, addirittura, per anni, e sparire, poi, improvvisamente così com’erano comparsi.
L’aumentato tono muscolare del pavimento pelvico può essere indotto da fattori anatomici ipertonia a riposo, modificazione dell’attività contrattile e difficoltà al rilassamento muscolare.
L’ipertono dei muscoli perivaginali, presente in molte bambine come effetto del tentativo di rinforzare la capacità di controllo sullo sfintere uretrale esterno, potrebbe concorrere anche all’aumento del tono del muscolo elevatore.
Tra i fattori anatomici vi è una ridotta ampiezza dell’ostio vaginale associata a una forchetta vulvare membraniforme, che, nelle donne adulte, induce fissurazioni ripetute ai rapporti sessuali.
Appoggiando un cotton fioc o altro strumento sulla vulva si delineano le aree di dolore oppure di iperestesia e si valuta la loro severità. Per comprendere il disagio di questa problematica, basti sapere che le pazienti spesso descrivono il tocco del cotton fioc come estremamente doloroso, paragonandolo addirittura all’attrito di un coltello.
Il percorso terapeutico si svolge con la riduzione degli stimoli irritativi e dei fattori scatenanti, inducendo un blocco della sensibilità del dolore, abbinato a un’utile regolamentazione del tono muscolare del pavimento pelvico. In queste pazienti possono essere di supporto anche il sostegno psicosessuale e un riferimento ambulatoriale, agopuntura, massaggi e hatayoga.
Sul piano alimentare, è suggerita una dieta povera di ossalati di vegetali, fagioli, cioccolato, frutta secca e frutti di bosco, e si consiglia, nell’ifgiene intima quotidiana, l’utilizzo di detergenti specifici adatti, individuati sempre di concerto con lo specialista di riferimento.
(di Alessandra Cantù e Corinna Rigoni, Panorama Cosmetico N.3/2025, ©riproduzione riservata)